La figura del Counselor olistico: l’approccio globale
Il Counselor olistico è una figura specialistica che nasce all’interno del paradigma contemporaneo. Egli vede qualsiasi problema del singolo interconnesso con una rete di situazioni/relazioni. Avvalendosi di una serie di tecniche energetiche che operano in maniera globale, utilizza gli strumenti dell’approccio corporeo integrandoli con un sapere che tiene conto anche dell’aspetto emozionale, mentale e spirituale.
Egli è “un catalizzatore della trasformazione umana, un facilitatore del benessere psicosomatico e della crescita personale, quindi un educatore alla consapevolezza globale di sé e del pianeta. […] L’operatore olistico, esperto in salute globale e crescita umana, opera sulle persone sane o sulla parte sana delle persone malate, facilitando la salute e l’evoluzione globale. L’operatore olistico aiuta la persona a ritrovare l’armonia psicofisica attraverso l’uso di tecniche naturali, energetiche, psicosomatiche, artistiche, culturali e spirituali, stimolando un naturale processo di trasformazione e crescita della consapevolezza di sé.”
Egli cerca di aiutare la persona a trovare delle risposte ad alcuni bisogni, che non sono bisogni sui contenuti, ma bisogni sulla relazione.
La sua azione consiste nel facilitare l’elaborazione delle difficoltà, attraverso un “dialogo” su vari livelli (psicologico, energetico, corporeo, animico, spirituale,sistemico…), favorendo la riattivazione di energie, di potenzialità che la persona già possiede. Le soluzioni dei problemi sono dentro chi li presenta, l’operatore può solo accompagnare nella comprensione.
Il counselor olistico ha il compito di aiutare l’interlocutore a gestire le proprie difficoltà, rendendolo in grado di assumersi le responsabilità di eventuali scelte, restituendo alla persona l’autonomia e un maggior senso di dignità e autostima. In pratica, egli cerca di rendere attive dinamiche assopite da anni, risvegliando emozioni represse attraverso attività di natura energetico-corporea, favorendo processi di “rilascio emotivo” ed accogliendo le paure, il limite, il vuoto, l’angoscia, la commozione, la gioia e lo stupore che è dentro il cliente. Tutto ciò permette all’anima di crescere, espandersi ed esprimersi.
Il campo energetico reagisce ai pensieri, ai sentimenti, alle parole, alle nostre azioni e intenzioni perché alla base del benessere c’è un modo di pensare positivo e un mondo emozionale armonioso. Quindi ciò che pensiamo e sentiamo influisce sulle situazioni della nostra vita. Tutte le modalità inconsapevoli che portano a pensieri, emozioni ed azioni non positive, non rispettose o amorevoli nei confronti propri o di altri sono da guarire, cioè da riconoscere e integrare nella personalità, altrimenti portano con sé sintomi e disturbi corporei.
Il disturbo è un segnale esteriore di uno squilibrio interiore. Esso si manifesta e si fa sentire attraverso il corpo, ma la causa va ritrovata nel mondo interiore della persona, nei suoi pensieri, nelle sue emozioni e nella sua affettività.
Il sintomo, quindi, può diventare un elemento di crescita e comprensione che aiuta ad evolvere e a conoscere meglio se stessi.
Il cliente viene guidato ad ascoltare il proprio corpo poiché questo riflette la sua anima e a cogliere i messaggi per la sua guarigione, considerando il sintomo come un alleato e non nemico. La funzione del counselor è quindi quella di facilitare l’evoluzione interiore di una persona.
Gli strumenti di lavoro del Counselor olistico
Il counselor utilizza come strumenti specifici del suo lavoro la sua stessa consapevolezza, dovuta ad un percorso di crescita personale, e la sua presenza, capace di trasmettere energia e amore. Il percorso di crescita personale deve essere permanente ed aiuta l’operatore a rimanere in uno spazio di ascolto silenzioso, senza la necessità di intervenire col cliente, nel rispetto della sua verità e autenticità; inoltre aiuta l’operatore a essere consapevole delle proprie paure, desideri, pensieri per mettere il proprio mondo da parte, lasciando così lo spazio vuoto per il cliente, in un ascolto fatto di compassione e di non-giudizio. Lo stato di presenza è dato da un equilibrio tra le energie fisiche e psichiche ed è dovuto ad un essere nel qui e ora. Il riportare una persona ad uno stato di presenza, di centratura, è indispensabile perché avvenga il processo di crescita della consapevolezza di sé. “Quando lo stato di presenza – una stabile calma fisica e un’elevata attenzione e consapevolezza – viene trasmessa empaticamente, la persona arriva istantaneamente ad un equilibrio di rilassamento e di centratura.”
La prima azione del counselor è quindi quella di ricreare una dimensione di incontro che permetta alle persone di sentirsi profondamente accettate e quindi di poter superare i propri blocchi e sviluppare una coscienza di sé. La persona prima di essere capita ha un forte bisogno di essere accolta, riconosciuta nella sua condizione di disagio. Durante l’incontro avviene quindi uno scambio emozionale oltre che verbale, nel quale assume grande importanza l’espressività che accompagna le parole di chi si esprime. La comunicazione è focalizzata sul non-giudizio e ciò permette sia di costruire un contesto relazionale più intenso e libero rispetto alla relazione comune, sia di comprendere, di capire qualcosa di più profondo.
Anche l’empatia, intesa come la comprensione dell’altro che si realizza immergendosi nella sua soggettività senza sconfinare nell’identificazione, diventa un elemento essenziale della seduta. Grazie ad essa si dà spazio ad una maggiore libertà d’espressione, senza vincoli e inibizioni, capace di garantire al cliente la possibilità di raccontarsi come crede, di aprirsi nei tempi e nei modi che desidera.
Secondo Rollo May, uno dei padri fondatori del counseling insieme a Rogers, il counselor ha il compito di «favorire lo sviluppo e l’utilizzazione delle potenzialità del cliente, aiutandolo a superare eventuali problemi di personalità che gli impediscono di esprimersi pienamente e liberamente nel mondo esterno. […] Il superamento del problema, la vera trasformazione, comunque, spetta solamente al cliente: il counselor può solo guidarlo, con empatia e rispetto, a ritrovare la libertà di essere se stesso.”
Gli elementi chiave su cui si basa una seduta di counseling sono quindi i seguenti:
1) Accoglienza. Esprime un’accettazione a 360°, è uno spazio privo di giudizio, preconcetti, negatività e rigidità nel quale l’operatore rimane tramite la compassione, che implica un’apertura all’altro totale, prima ancora di conoscerlo e di entrare in relazione col cliente.
2) Centratura. Significa sentire il proprio centro, il proprio posto, la presenza. Il counselor è presente e centrato quando percepisce il corpo, le emozioni ed i pensieri, li ascolta, raccoglie tutte queste informazioni contemporaneamente, le gestisce, scegliendo di agire nel modo più giusto.
3) Focalizzazione. Significa individuare il “tema” da trattare e quindi di conseguenza la tecnica di intervento più idonea da mettere in atto, perché la seduta sia efficace. Il senso dell’intervento è quello di aiutare la persona a fare leva sulle proprie risorse per fargli trovare dentro di sé ciò che serve alla sua evoluzione e alla sua crescita. Focalizzare è ascoltare non solo il linguaggio verbale, che esprime in modo limitato ciò che la persona sente, ma ascoltare il linguaggio del corpo, il timbro della voce, i gesti, i silenzi, le pause, le parole non dette, le intenzioni mascherate, le richieste criptate, ciò che in fondo si nasconde dietro ogni movimento, ciò che rappresenta la vera richiesta d’aiuto.
4) Empatia. È la capacità di comprendere ciò che un’altra persona sta provando. L’empatia che il counselor prova nei confronti dell’interlocutore, fa sentire quest’ultimo accolto, ascoltato e accettato. La persona si sente presa in cura e questo è il miglior presupposto per iniziare un percorso di crescita personale. “L’empatia rappresenta una sincronia tra i corpi ed una sintonia emozionale che permette di vivere la sensazione di essere riconosciuti e profondamente compresi”
5) Feedback. A conclusione della seduta si conduce la persona alla sintesi di ciò che è emerso per far sì che essa stessa ne colga il senso. Importante infatti per l’efficacia della seduta, è l’eco che questa sintesi ha, perché essa dà la possibilità di utilizzare nuove immagini interiori che rinforzano le risorse della persona. Nel feedback dunque si rimanda proprio all’altro la possibilità di trovare in se stesso le capacità per affrontare e gestire la sua vita. Egli impara ad accogliere dentro di sé la sua parte-ombra, ciò che è più difficile da guardare, ciò che è scomodo e fastidioso, ma che portato alla luce, può essere accettato e integrato. Nel feedback anche il counselor ha un ritorno, come in ogni momento della seduta, perché da ciò comprende se l’intervento ha avuto un effetto “positivo” ed è stato quindi utile all’interlocutore oppure se non ci sono stati gli elementi essenziali per favorire una vera progressione.
tratto da “DALLE REGRESSIONI ALLE COSTELLAZIONI FAMILIARI: METODI DI ESPLORAZIONE INTERIORE PER ARRIVARE ALLA CONSAPEVOLEZZA DI SE’ ” pubblicato per gentile concessione dell’autrice Raffaella Bertazzoni