Assieme o in alternativa all’agopuntura i medici cinesi utilizzano la “terapia moxa“. Il termine origina dall’espressione giapponese moe kusa, cioè “erba che brucia”. Proprio di un’erba si tratta e cioè dell’artemisia, colta al solstizio d’estate (il 21 giugno), quando, analogicamente, l’erba accoglie in sé il massimo calore del sole.
Le palline o i coni possono essere appoggiati sulla pelle in corrispondenza dei punti di agopuntura, quindi accesi all’estremità superiore più lontana dalla cute e poi lasciati “bruciare” fino al loro spegnimento.
La moxa è un antico metodo di trattamento che costituisce una delle basi della medicina cinese. La sua importanza è così manifesta che in cinese non esiste un termine per definire l’ agopuntura come la intendiamo in occidente slegata dalla moxibustione, il termine che esiste è più precisamente tradotto come acumoxibustione. Questa tecnica consiste nel riscaldamento a distanza di zone corporee o punti di agopuntura attraverso la combustione di sigari di Artemisia Vulgaris, con la finalità di immettere calore/energia nel sistema energetico del ricevente. Diventa così una tecnica indispensabile in tutti quei quadri energetici caratterizzati da un deficit: disturbi cronici e età avanzata ma anche in tutti gli squilibri che lo stile di vita occidentale e lo stress che ne deriva, tende a far manifestare anche in soggetti giovani e sani.
La moxa fa parte delle tecniche complementari di medicina cinese, insieme alla coppettazione, il guasha e il Fior di prugna